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IMPARARE FACILE
Una famiglia numerosa pagina 19
Interventi di semplificazione sul TESTO ORIGINALE
Sono nato e cresciuto in una casa piena di gente. Quando ci riunivamo per il pranzo
sembrava sempre che ci fosse una festa.
A capotavola si piazzava la nonna materna. Ci guardava per un attimo con l’occhialetto,
per vedere se eravamo tutti attenti. Era una vecchietta piccola di statura, ma così eretta
nel portamento da sembrare quasi alta. Alla sua destra si accomodavano mio padre,
mia madre e mia sorella Clara, e sulla sinistra i miei tre zii: zio Luigi, zia Olimpia e zia
Maria. All’altro capo della tavola stavo seduto io.
Mio padre era una specie di burbero benefico: mai che mi avesse dato un bacio in vita sua.
Se però la mattina avevo qualche linea di febbre, non andava ad aprire il negozio, dava le
chiavi a Natale, il fattorino di fiducia, e gli diceva: – Natà, apri tu che io arrivo...
Intanto mi controllava il polso per capire se davvero stavo male o se ero ricorso al
trucco della lampadina per far salire il termometro.
Mio padre odiava sopra ogni altra cosa il gioco del pallone, soprattutto perché contri-
buiva a farmi consumare le scarpe. Non si contano le volte che mi è piombato addosso,
come un falco, mentre giocavo in Villa Comunale con quelli della mia classe.
Le scarpe, secondo lui, dovevano durare almeno dieci anni alle persone adulte e quattro
ai ragazzi della mia età: lui, per esempio, non appena rientrava dal lavoro, se le toglieva
fin dall’ingresso per indossare le pantofole, e questo, non per stare più comodo, bensì
per farle durare più a lungo.
– Anche se cresce il piede, – era solito dire – bisogna resistere.
Vita di Luciano De Crescenzo scritta da lui medesimo, Mondadori
TESTO RIDOTTO E ADATTATO da proporre agli alunni
Sono nato e cresciuto in una casa piena di gente. Quando ci riunivamo per
il pranzo sembrava sempre che ci fosse una festa.
A capotavola si sedeva la nonna materna. Alla sua destra si sedevano mio
padre, mia madre e mia sorella Clara, e sulla sinistra i miei tre zii. Dalla parte
opposta della tavola stavo seduto io.
Mio padre era severo ma buono: non mi aveva mai dato un bacio, ma se
la mattina avevo qualche linea di febbre, non andava ad aprire il negozio.
Mi controllava il polso per capire se davvero stavo male o se avevo usato
un trucco per far salire il termometro.
Mio padre odiava il calcio, soprattutto perché mi faceva consumare le scarpe.
Moltissime volte mi ha rimproverato mentre giocavo con quelli della mia classe.
Le scarpe, secondo lui, dovevano durare almeno dieci anni alle persone
adulte e quattro ai ragazzi della mia età: lui, per esempio, non appena
rientrava dal lavoro, se le toglieva per farle durare di più.
Vita di Luciano De Crescenzo scritta da lui medesimo, Mondadori
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