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ASCOLTO Racconto di fantascienza
Sull’asteroide
Ricatto nello spazio
Sì signor giornalista, ho vissuto per anni come un eremita su quel piccolo asteroide da
cui ho preso il nome di battaglia: X.99. Il nostro universo ha per me pochi segreti. Vede
quest’affarino, non è più grande di una noce. È un diffusore di immagini. Una specie di
televisore cento volte più perfetto dei nostri. Quando entra in funzione, ne succedono di
belle. Io purtroppo non so farlo funzionare. All’Accademia delle Scienze lo hanno studiato
per anni, ma nessuno ci ha capito nulla. Lo conservo semplicemente come ricordo. Però
io l’ho visto funzionare...
Un giorno sbarcò sul mio asteroide un’astronave.
Ne scesero degli strani sconosciuti. Erano uomini,
ma sembravano fatti solo di fili. Fili multicolori.
Parevano scarabocchi di bambini.
– Lei stia buono e calmo – mi dissero.
Uno di loro aveva questa noce. La posò su un ta-
volo, armeggiò... Ed ecco comparire nella stanza tre
personaggi simili a loro. Come seppi poi, erano i tre
co-presidenti di un pianeta lontano una ventina di
anni luce, che essi chiamavano Noot. Non so se mi
spiego: quei tre se ne stavano a Noot, nel palazzo
del governo, ma le loro immagini, su X.99, erano
piene e complete, non si muovevano su un teleschermo ma nello spazio. Tra i due gruppi,
quello dei miei visitatori e quello dei co-presidenti, si svolse una breve conversazione.
– Siamo, come avete capito, i Cinquanta Neri. Questa volta siamo ben decisi a far rispettare
i nostri ordini. Avete un giorno e un minuto. Non un secondo di più. Entro quel termine
caricherete tutto il tesoro dello Stato su un razzo che spedirete nello spazio a questo
indirizzo. Se non lo farete, un secondo dopo l’intero pianeta di Noot sarà disintegrato.
– Noi non possiamo prendere questa decisione senza consultare...
– Consultate chi volete. Ma entro un giorno e un minuto.
E qui i tre co-presidenti scomparvero. Il capo dei Cinquanta Neri si rimise in tasca la
noce e scoppiò in una risata. Tutti i suoi fili ballavano di gioia.
In quel momento sentii grattare alla porta. I miei visitatori si allarmarono.
– Niente paura, – dissi – è Renata, la mia fida capretta, che vuole l’erba.
Renata entrò saltellando, mentre io mi voltai per prendere l’erba dal contenitore...
Non so se mi crederete, ma i briganti atomici che mi avevano invaso l’asteroide stavano
adesso in ginocchio e tremavano filo a filo. Renata li guardava, calma e curiosa. Pareva
non accorgersi di essere lei la causa di tanto spavento. Io non capivo.
Anche di quel che successe poi, capii ben poco. Il capo dei Cinquanta Neri depose ai
piedi di Renata, come un’offerta propiziatoria, la sua noce televisiva. Tutti si staccarono
un filo dal corpo e lo posarono tremando sul pavimento. Poi, uno dopo l’altro, striscian-
do all’indietro, uscirono dalla stanza, raggiunsero la loro astronave e ripartirono. Non li
ho più rivisti.
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