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ASCOLTO                                                                       Autobiografia
                                                                                    A casa, a scuola



                                           Il mio amico Nino


                Quando frequentavo la scuola elementare ero molto amico di Nino, il mio compagno
                di banco. Con la scusa di fare i compiti insieme, avevo preso l’abitudine di andare ogni
                pomeriggio a casa sua.
                Nino abitava poco lontano da me, in un caseggiato popolare dove i ragazzi vivevano
                praticamente sulle scale, tra un pianerottolo e l’altro.
                L’appartamento era piccolissimo e appena noi terminavamo di fare il compito la sua
                mamma ci mandava fuori perché non sporcassimo la stanza. Sulle scale, dunque, gio-
                cavamo con le figurine.
                Un giorno, arrivato da Nino, lo trovai seduto sui gradini in compagnia di un ragazzo più
                grande, che non avevo mai visto.
                – Stiamo giocando a carte – disse Nino senza quasi degnarmi di un sorriso. – Ginetto
                mi sta spiegando il “sette e mezzo”.
                Di colpo mi sentii un intruso. Come si permetteva questo Ginetto tanta familiarità con
                il mio amico? E perché Nino gliela concedeva?
                Rimasi per un pezzo alle loro spalle, aspettando che finissero.
                Finalmente Ginetto se ne andò, lasciandoci soli. Allora Nino mi disse con naturalezza:
                – Adesso ti insegno come si fa...
                Ma io non avevo alcuna voglia di starlo a sentire, ero troppo agitato.
                – Un’altra volta, adesso dobbiamo fare i compiti – risposi in modo serio.
                – Come vuoi. Ma se Ginetto torna domani possiamo giocare tutti e tre.
                                                     Anziché placarmi, l’offerta mi ferì. Al punto che per
                                                     alcuni giorni non mi feci vedere. Ero deluso da questa
                                                     intrusione. Credevo di avere con Nino un’amicizia
                                                     esclusiva, invece mi rendevo conto che un qualunque
                                                     ragazzo poteva prendere il mio posto.
                                                     Nelle ore di scuola evitavamo di parlarne, ma l’ombra
                                                     di Ginetto era tra noi. Non ci facevamo più le con-
                                                     fidenze, né ci scambiavamo le merendine: ciascuno
                                                     gustava la sua senza farla assaggiare all’altro.

























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